Meriti e contraddizioni di Massimo Mucchetti

di Emiliano Brancaccio
(da www.emilianobrancaccio.it)


Massimo Mucchetti è una delle più interessanti firme del giornalismo economico italiano.

Da un po’ di anni Mucchetti presta attenzione alla possibilità che le debolezze del sistema finanziario e produttivo nazionale possano a un certo punto aprire la via a una nuova ondata di acquisizioni estere. Le sue riflessioni, in merito, sono sempre circostanziate e spesso istruttive. Esse tra l’altro risultano logicamente coerenti con le interpretazioni della crisi europea che, anziché soffermarsi unicamente sui problemi di indebitamento pubblico, si concentrano soprattutto sulla tendenza all’indebitamento verso l’estero, sia pubblico che privato, da parte dei paesi dell’Unione che tendono sistematicamente al disavanzo commerciale.

In un articolo pubblicato oggi sul Corsera, Mucchetti è tornato sull’eventualità di acquisizioni estere a prezzi di sconto di Unicredit e di altri asset “strategici” del capitalismo nazionale. In particolare, ha scritto: ” […] l’Italia corre il duplice pericolo di farsi sfilare i gioielli del settore privato – uno per tutti: le Generali – attraverso manovre finanziarie, magari opache, e di trovarsi costretta a mettere all’incanto le grandi aziende a partecipazione statale – Eni, Enel, Finmeccanica – quale pegno di risanamento della finanza pubblica. Non sarebbe un bel giorno. Meglio evitarlo […]”.

Si tratta di una posizione per più di un verso condivisibile. Essa presenta varie analogie con le prospettive di centralizzazione dei capitali europei che abbiamo esaminato nel libro “L’austerità è di destra. E sta distruggendo l’Europa”.

Il problema di Mucchetti è che egli sembra poi entrare in contraddizione con sé stesso, nel momento in cui aggiunge: ” […] banche, assicurazioni e industrie non vivono trincerandosi. Si può cambiare. Anche molto. Ma mettendo prima tutte le carte sul tavolo. Con spirito paritario ed europeo […]”.

Mucchetti insomma rileva un pericolo ma poi cerca una soluzione nella richiesta di procedure trasparenti e paritarie di negoziazione dei capitali europei. In tal modo però cade in un circolo vizioso: c’è infatti motivo di sospettare che i timori sulla svendita dei capitali nazionali non potranno esser fugati illudendosi di rimanere confinati nel vecchio perimetro dell’ideologia liberoscambista. Per Mucchetti, per i vertici del Corsera e per le forze di sinistra, che hanno sostenuto l’ascesa a Palazzo Chigi di un ferreo difensore del mercato unico europeo come Mario Monti, è forse giunto il tempo di riflettere. Ciò sarà tanto più urgente in caso di ennesimo fallimento delle trattative in sede europea.

Emiliano Brancaccio