Piatto d’acciaio. Eurozona e crisi della siderurgia

LIMES – marzo 2014

di Emiliano Brancaccio e Salvatore Romeo

La crisi della siderurgia costituisce uno snodo cruciale della crisi europea. Il piano d’azione stilato a giugno dalla Commissione Europea individua nella concorrenza cinese uno dei problemi principali del settore:

“Attualmente l’industria siderurgica cinese rappresenta quasi il 50 % della produzione globale di acciaio e la Cina è il maggior esportatore mondiale di questo materiale. La sovraccapacità della Cina ha recentemente iniziato a destare preoccupazione. In aggiunta a ciò il consumo interno ha subito una contrazione, mentre la produzione eccede il consumo in misura crescente.” (Commissione Europea, Un futuro per l’acciaio in Europa, 2013).

La Commissione evoca in sostanza il pericolo che il mercato europeo possa essere “invaso” da prodotti siderurgici provenienti dall’Estremo Oriente. Massicce importazioni andrebbero così a sostituire le produzioni comunitarie in un quadro di accentuata concorrenza. Si tratta di un timore fondato? E soprattutto, è davvero questo il problema principale che attanaglia l’industria europea dell’acciaio? Vi è motivo di ritenere di no. In realtà, come vedremo, quello della siderurgia costituisce un caso per molti versi emblematico di quel vasto processo di ristrutturazione degli assetti capitalistici continentali che la crisi dell’eurozona ha drasticamente accelerato e che sembra trovare il suo principale punto di caduta in uno scontro sempre più accentuato tra gli interessi strategici dell’industria tedesca e le condizioni di tenuta dei settori industriali dell’Italia e degli altri paesi periferici dell’Unione monetaria europea […]

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