Brancaccio: “L’Unione non è più riformabile. Va fermata l’indiscriminata circolazione dei capitali”

Micromega, 12 settembre 2016

Per l’economista Emiliano Brancaccio chi parla ancora di cambiare l’Europa in senso progressista dovrebbe occuparsi di “miracolistica, non di politica”, ma bacchetta anche i cantori del ritorno alla sovranità nazionale: “Adoperano un linguaggio ambiguo, il movimento operaio è internazionalista”. Il problema principale non è l’immigrazione ma la circolazione indiscriminata dei capitali da un Paese all’altro: “Occorre pensare a un ‘labour standard’ sulla moneta, ma in Italia il dibattito politico è dominato dal nulla”.

Intervista di Giacomo Russo Spena

“Mettiamocelo bene in testa: in Europa non c’è nessuna svolta, nessun vento federalista di cambiamento. La sostanza delle politiche economiche non è cambiata. L’eurozona resta sull’orlo della deflazione, con effetti tremendi per le economie più fragili e per i lavoratori di tutto il continente. Il sentiero che stiamo percorrendo è palesemente insostenibile”. L’economista Emiliano Brancaccio non ha mai aderito allo storytelling renziano sulle possibilità di rilancio del progetto di unificazione europea. Anzi, nel commentare le recenti decisioni di politica monetaria e le proposte di gestione del post-Brexit, Brancaccio mette in luce l’affiorare di crepe sempre più profonde nell’assetto istituzionale e politico dell’Unione.

Professore, la settimana scorsa Mario Draghi ha dichiarato che per i prossimi mesi la BCE non immetterà ulteriori dosi di liquidità nell’economia europea. Possiamo affermare che nel direttorio di Francoforte questa volta Draghi ha perso, e che hanno vinto i “falchi” dell’austerity guidati dal tedesco Weidmann?

Il problema non riguarda solo la quantità totale di liquidità erogata, ma anche l’impossibilità di indirizzarla verso i soggetti maggiormente in difficoltà. Le regole attuali impongono alla BCE di acquistare titoli secondo quote pressoché fisse tra i vari Paesi, il che significa che larga parte delle erogazioni della banca centrale finisce in Germania anziché nelle economie che ne avrebbero più bisogno. Per iniziare ad affrontare i problemi di solvibilità dei Paesi più fragili bisognerebbe almeno superare questi aspetti così regressivi della politica monetaria europea. Ma i conservatori, tedeschi e non solo, ormai bloccano anche le più modeste istanze di rinnovamento. […]

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